Struttura restaurativa in tre atti

La struttura restaurativa in tre atti è il modello più tradizionale di sceneggiatura cinematografica, dal punto di vista dell'organizzazione dei contenuti narrativi. In altre parole, costituisce una guida alla costruzione e all'organizzazione dei passaggi drammaturgici, allo scopo di narrare la storia in modo efficace.

La teorizzazione della forma in tre atti deriva dalla nozione aristotelica secondo la quale ogni dramma ha un inizio, un mezzo e una fine, e le parti devono essere tra loro proporzionate[1]. Il modello attuale si rifà al "dramma ben fatto" ipotizzato da Eugène Scribe negli anni venti del XIX secolo[2], che tramite il completo ritorno all'ordine mira a non lasciare nulla di irrisolto.

La divisione in atti si basa sull'attivazione di meccanismi narrativi fondamentali, ossia una premessa alla storia che sia espressa in termini di conflitto; la storia progredisce sviluppando il conflitto centrale, sino alla sua risoluzione. L'avanzamento del plot è garantito dall'innesco di ulteriori meccanismi narrativi che intensificano il conflitto. Generalmente, nella sceneggiatura di un film di 120 pagine, il primo e il terzo atto sono lunghi circa 30 pagine ciascuno, mentre il secondo è lungo sessanta[3]. La storia viene spinta da un atto al successivo tramite il montare dell'azione che si risolve in un finale d'atto - punto di svolta o plot point.


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